mercoledì 3 novembre 2010

Andrea: “Beautiful”

Capita, alle volte, di imbatterti in titoli che mai ti sogneresti di avvicinare, se non fosse per concedere quell’occhiata rapida, utile solo ad avvalorare il tuo approssimativo giudizio iniziale.
Occhiata superficiale quanto la moda, tipica dei nostri tempi, di affrontare tematiche spinose e d’attualità con l’attitudine di chi è pronto a gettare il condannato nella fossa dei leoni, preoccupandosi di reperire carne da macello adeguata ad un contesto di spettacolarizzazione mediatica contraddistinto da una curiosità morbosa del tutto antitetica all’effettiva volontà di analizzare sinceramente il problema trattato.
Allo stesso modo, capita però di imbatterti in frasi la cui forza di suggestione è in grado di catalizzare l’attenzione e di convincerti che, scavando sotto la superficie di un argomento tanto delicato quanto (apparentemente) discusso, possa emergere una profonda urgenza di raccontare. E’ il caso di Beautiful (No Reply), sorprendente romanzo inchiesta o, come si usa dire, docufiction, il cui centro d’indagine è il mondo delle ragazze anoressiche. Attenzione, però. Non il facile glamour mondano delle modelle, bensì l’agghiacciante, fitto ma poco conosciuto sottobosco dei blog frequentati da migliaia di adolescenti tramite internet, decise ad abbracciare il culto di “Ana”, una sorta di divina personificazione dell’anoressia stessa. Siti web che nascono quotidianamente, società di mutuo soccorso ove ci si scambiano consigli, si condividono ossessioni, nel tentativo di perseguire un soggettivo, deformato ideale di perfezione, di controllo del proprio corpo, che è distruzione estrema. Questi i presupposti per lanciarsi in un intreccio narrativo caratterizzato dalle storie di Kiara, Elena e Diana, ragazze di differente età, collocazione sociale e provenienza geografica, disposte a convogliare le proprie insicurezze esistenziali, il proprio senso di inadeguatezza, in un viaggio fatto di corrispondenze telematiche, diete paranoiche, incomprensioni familiari che vede in Ana l’unica via di fuga praticabile. Un percorso scandito da privazioni alimentari spesso figlie di legami familiari mancati, da scarsa aggregazione sociale tra giovani, protetto da un’indigestione di rock alternativo, corroborante barriera eretta a difesa di una personalità in disfacimento. Come il fisico. In un crescendo caleidoscopico di immagini, istinto vitale racchiuso in un guscio che le protagoniste desiderano abbattere, la narrazione veleggia verso il più sorprendente dei finali. Che si rivela rassegnazione e ribellione al tempo stesso. Andrea, autore del romanzo, confeziona un’opera fruibile, delicata e nel contempo ambiziosa. Attraverso un approccio diretto e sintetico, giocato su contemporanee contaminazioni quali il linguaggio dei blog, delle chat come msn, adeguatamente bilanciato da interessanti suggestioni squisitamente letterarie, rende il peso della propria penna pressoché impercettibile, giungendo ad oggettivare la realtà, senza giudicarla. Arrivando a rimarcare l’esistenza di un problema ma restando alla larga da interpretazioni e giudizi personali. L’intreccio tra realtà e finzione è evidente. Kiara, Elena e Diana sono frutto di fantasia. E’ il loro modo di pensare, di scrivere, di vivere, a trovare terribili corrispondenze con il vissuto quotidiano. E’ come se una foto di Oliviero Toscani acquisisse consistenza ed iniziasse a raccontarci una storia. Veloce come un pezzo punk, malinconica come il nuovo trend emo. Una storia che ha troppe affinità con altre, analoghe storie. Beautiful sta all’anoressia come Gomorra sta alla camorra, per lo meno nell’intento di portare alla luce un argomento spesso accennato e quasi mai davvero sviluppato. Un argomento che striscia nei meandri ombrosi e patologici della nostra società, perché da essa è stato partorito e di essa si nutre.
Andrea ha il grande merito di tornare alla letteratura sociale, d’indagine, veritiera ma non per questo verista. Di parlare per immagini e sensazioni soggettive, rendendole oggettive. Flaubert descriveva il sentimento della noia attraverso il semplice gesto della mano di Madame Bovary. Andrea sintetizza il senso di inadeguatezza di troppe adolescenti nell’imperativo categorico, scarabocchiato su di un muro con un pennarello da una delle protagoniste : “Devo. Dimagrire.”
Conferendo senso estetico ad uno stile documentaristico, bellezza letteraria ad un tema scottante. Destinato a rendere incandescente la nuova stagione letteraria ed a condurre Beautiful  nell’occhio del ciclone, nel bene e nel male, in numerosi dibattiti.
Gabriele “Mr.Woland” Gambini